Fileja con carne minuta - Tastiness Food Shop

Fileja con carne minuta

Sebbene la Calabria sia tradizionalmente associata alla carne di maiale e ai suoi derivati, in particolare alla soppressata, tale immagine- un vero e proprio stereotipo- non rappresenta pienamente la regione. Vi sono aree, soprattutto dell’antica Calabria Ultra, quelle cioè più a sud, in cui la carne più amata non è solamente quella di maiale. E questo ha naturalmente le sue ragioni ambientali ma anche storiche. Dal punto di vista ambientale, la presenza di aree aride e asciutte favoriva l’allevamento ovino più che quello suino: non a caso queste terre furono abitate nel corso del tempo da popolazioni di origine greca e poi araba, senza trascurare la grande presenza di numerose enclave ebraiche. Mentre per le popolazioni greche e bizantine l’uso di carni ovine fu anzitutto una questione di disponibilità e preferenza, per arabi ed ebrei si trattò anche di un vero e proprio tabù religioso.
Oggi si preferisce la carne più tenera di capi giovani, ma in queste aree della Calabria non si mangiano solo animali di piccola taglia, come capretti e agnelli, ma anche quelli più adulti, trattati adeguatamente per essere appetibili. La carne ovina, detta in dialetto minuta a causa della taglia, si usa per i giorni di festa. Soprattutto anticamente la carne dei capi più maturi, che era ben dura, necessitava di una lunga cottura. Talvolta si applicava alla carne la doppia cottura, dapprima con acqua e vino, poi in frittura con la cipolla, come nelle cucine medievali.
E la festa è completa solo se la pasta è fatta in casa. Fileja è la definizione dialettale del Vibonese dei maccheroni fatti in casa. Era un’arte che le ragazze apprendevano molto presto. Oggi i maccheroni di pasta fresca calabresi si trovano in vendita ovunque.
Volendosi cimentare, non resta che mischiare la farina di semola di grano duro, quella di grano tenero, le uova e acqua quanto basta a ottenere un impasto duro ma manipolabile.
La pasta va stesa in una sfoglia sottile, tagliata a strisce e arrotolata in un ferretto, un apposito strumento tradizionale che può essere anche sostituito da un lungo stecchino per spiedino. Vi si arrotolano le strisce di pasta e si sfila il ferretto, con delicatezza, lasciando il centro vuoto. Il sugo è un ragù molto tradizionale. La carne, previa leggera marinatura in vino rosso, si fa rosolare nell’olio, insieme alle cipolle tritate finemente e al rosmarino, poi si sfuma con un goccio di vino rosso. Infine, si sala la carne fritta e si aggiunge la pasta al pomodoro. Si aggiusta ancora di sale, una punta di zucchero, e si lascia andare a cottura lentamente per non meno di un’ora.
Quando il sugo è pronto, si cuoce la pasta e si serve.
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